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Il Duomo di Monza si trova nel cuore della città; all’interno della Cappella di Teodolinda è custodita la preziosa Corona Ferrea appartenuta ai longobardi.
Il Duomo con la sua piazza è stato il centro della vita religiosa e politica di Monza: intorno al suo nucleo originario, probabilmente l’“oraculum” della regina Teodolinda del VI secolo, si è costituito l’antico borgo. A partire dal 1300 venne ampliato a pianta basilicale con cappelle laterali, su progetto di Matteo da Campione, autore inoltre della solenne facciata a vento, ispirata a linee gotiche. Artisti come Arcimboldo, Legnanino, Borroni e Carloni hanno impreziosito la basilica nei secoli seguenti. Pellegrino Tibaldi riedificò il coro, sovrapposto ad una ampia cripta, mentre alla collaborazione con Ercole Turati si deve il colossale campanile eretto a partire dal 1592. A sinistra dell’altare maggiore sorge la Cappella di Teodolinda, le cui prestigiose pitture murali degli Zavattari, capolavoro del gotico internazionale della metà del XV secolo, rappresentano devozione e omaggio alla regina. La Cappella custodisce la Corona Ferrea, da secoli considerata simbolo e leggenda e l’opera di oreficeria tra le più importanti e significative di tutta la storia della cristianità. Un’antica tradizione vuole infatti che l’anello presente all’interno della Corona sia stato ricavato da uno dei chiodi della Croce di Cristo. Con la Corona Ferrea furono incoronati re ed imperatori, tra i quali Carlo Magno e Napoleone.
La Corona Ferrea si è conservata miracolosamente dal Medio Evo fino ai nostri giorni; è composta da sei piastre d’oro – ornate da rosette a rilievo, castoni di gemme e smalti – recanti all’interno un cerchio di metallo, dal quale prende il nome di “ferrea”, che un’antica tradizione, riportata già da sant’Ambrogio alla fine del IV secolo, identifica con uno dei chiodi utilizzati per la crocifissione di Cristo: una reliquia, quindi, che sant’Elena avrebbe rinvenuto nel 326 durante un viaggio in Palestina e inserito nel diadema del figlio, l’imperatore Costantino. La tradizione, che lega la Corona alla passione di Cristo e al primo imperatore cristiano, spiega il valore simbolico attribuitole dai re d’Italia (o dagli aspiranti tali, come i Visconti), che l’avrebbero usata nelle incoronazioni per attestare l’origine divina del loro potere e il loro legame con gli imperatori romani. Recenti indagini scientifiche fanno prospettare che la Corona, che così come si presenta deriva da interventi realizzati tra il IV-V e il IX secolo, possa essere un’insegna reale tardo-antica, forse ostrogota, passata ai re longobardi e pervenuta infine ai sovrani carolingi, che l’avrebbero fatta restaurare e donata al Duomo di Monza. A partire da allora la storia del diadema fu indissolubilmente legata a quella del Duomo e della città. Nel 1354, ad esempio, papa Innocenzo VI sancì come diritto indiscusso – anche se poi disatteso – del Duomo di Monza di poter ospitare le incoronazioni dei re d’Italia, mentre nel 1576 san Carlo Borromeo vi istituì il culto del Sacro Chiodo, in modo sia da rendere ufficiale il riconoscimento del diadema come reliquia, sia di legarlo a un altro Sacro Chiodo, conservato nel Duomo di Milano, che secondo la stessa antica tradizione sant’Elena avrebbe fatto forgiare a forma di morso per il cavallo di Costantino, come ulteriore metafora dell’ispirazione divina nel comando dell’Impero.
In virtù del suo valore sacro la Corona Ferrea viene conservata in un altare consacrato e ad essa dedicato, eretto da Luca Beltrami nel 1895-96.
Eretto verso la fine del XIII secolo, l’antico palazzo comunale, detto Arengario sorge in posizione pressoché contigua al Duomo, a significare anche visivamente la contrapposizione di poteri, religioso e civile, che anche a Monza contraddistinse il periodo comunale. Situato nel centro cittadino, faceva parte di un insieme complesso, che le vicende edilizie ed i restauri hanno ridotto al solo palazzo comunale. Accanto sorgeva, collegato da un passaggio sospeso, il palazzo pretorio (o del podestà) oggi scomparso. L’edificio presenta a piano terra un ampio porticato ad arcate, sorretto da massicci pilastri in pietra, luogo degli incontri e degli scambi, ed un’unica grande sala coperta a capriate di legno al primo piano, destinata alle adunanze ed assemblee, che si apre con un balconcino a loggetta (la “parlera”) dalla quale si leggevano i decreti emanati dal Comune alla popolazione. La torre campanaria, realizzata successivamente, sul lato nord, presenta la merlatura ghibellina a coda di rondine.L’antico accesso alla sala superiore, adibita ora a sala espositiva per mostre d’arte e rassegne culturali, avveniva lungo il fianco orientale tramite due scale esterne alla porta di cui sono tuttora visibili le tracce. Oggi l’ingresso è da nord attraverso una scala nella torre.
La Villa Reale fu costruita tra il 1777 e il 1780 su progetto dell’imperial regio architetto Giuseppe Piermarini per volere dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo, Governatore Generale della Lombardia austriaca e grazie al cospicuo finanziamento elargito dalla madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria. La soluzione planimetrica ad “U” era quella tipica delle ville lombarde settecentesche. Dal corpo centrale si allungavano anteriormente due ali della stessa altezza terminanti con due avancorpi cubici più bassi, la Cappella di Corte a sinistra e la Cavallerizza a destra, a delimitare il cortile d’onore. Vi erano poi un’ampia avancorte semicircolare ed altri due edifici tangenti il corpo a “U” e destinati ai servizi, dove successivamente trovarono posto il Teatrino di Corte, costruito all’inizio dell’Ottocento da Luigi Canonica, il Serrone (1790) antica serra degli agrumi e la Rotonda (1790) elemento di raccordo fra l’ala di servizio e il Serrone. Parallelo a quest’ultimo, correva l’antico giardino degli agrumi (che dal 1964 ospita il Roseto “Niso Fumagalli”).
Dopo gli ultimi difficili anni del dominio austriaco e con l’Unità, la villa e il parco furono donati dal Parlamento a re Vittorio Emanuele II (1862). Il re, a sua volta, li cedette al figlio primogenito e principe ereditario Umberto in occasione delle nozze con la cugina Margherita di Savoia. Nel 1878 Umberto salì al trono e fece di Monza la residenza estiva della corte.
Questo e certamente, dopo quello delle origini, il momento più significativo nella storia edilizia della villa. I nuovi ospiti vollero infatti una radicale opera di ammodernamento e riarredo, che seguiva il gusto neo-rococò. L’opera fu però interrotta dalla repentina morte del re per mano dell’anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio 1900. Furono quindi ritirati gli oggetti personali da parte della casa reale e la villa venne chiusa e dimenticata. In seguito, solo un lungo lavoro ha potuto restituirne, almeno in parte, l’originaria fisionomia.
I Giardini della Villa Reale, la cui superficie è di circa 40 ettari, circondano gli edifici del complesso e costituiscono un patrimonio di inestimabile valore paesaggistico, storico, monumentale e architettonico. Progettati dal Piermarini, coadiuvato da giardinieri inviati da Vienna per volere di Maria Teresa d’Austria, i Giardini presero forma dal 1778 e furono i primi in Italia ad essere concepiti secondo le modalità tipologiche del giardino “all’inglese” con un’alternanza di macchie di alberi e di prati, con la presenza di grotte, specchi d’acqua, brevi cascate, una collina artificiale ed un piccolo tempio dorico che si specchia nelle acque di un laghetto. La caratteristica che ha reso famosi i Giardini nel mondo è costituita dalla grande varietà di alberi ultrasecolari: i giganti verdi tra querce, cipressi, ippocastani, cedri del Libano, che per dimensioni o caratteristiche botaniche costituiscono un campionario impareggiabile.
Il Roseto, situato nell’avancorte della Villa, nasce nel 1964 per volontà dell’industriale Niso Fumagalli presidente dell’Associazione Italiana della Rosa, con la finalità di estendere l’amore e la passione della coltivazione di questo fiore. Il roseto, armonioso e funziale col suo terreno leggermente ondulato, il laghetto e i percorsi per il pubblico, si inserisce abilmente nel contensto circostante. Durante la stagione della fioritura vengono organizzati eventi e visite guidate.